Secondo l’ultimo report della Commissione europea, siamo indietro rispetto agli obiettivi. Scopriamo perché!
L’UE ha stanziato miliardi di euro per raggiungere una serie di obiettivi di digitalizzazione entro il 2030, ma un report recente della Commissione europea mostra che siamo molto in ritardo rispetto alla tabella di marcia.
In particolare, ci sono 4 aree in cui le cose non vanno come dovrebbero: digitalizzazione delle aziende, connettività, competenze IT e dipendenza da aziende straniere.
In questo post vediamo in dettaglio in cosa consiste questo ritardo, le cause e le possibili soluzioni, con un occhio di riguardo per l’aspetto che più ci interessa, la sicurezza informatica. Buona lettura!
Circa il 40% dei cittadini europei ha competenze digitali insufficienti.
Il report sulla digitalizzazione dell’UE
In questo report della Commissione europea, vengono mostrati i progressi degli stati membri verso il raggiungimento degli obiettivi del cosiddetto programma strategico del decennio digitale (la digital decade del 2030). Questi obiettivi, che all’inizio sembravano ambiziosi ma raggiungibili, sono molto distanti e a questo ritmo l’UE non li raggiungerà neanche nel 2035.
In particolare, il report evidenzia quattro aree problematiche:
1. Le competenze digitali sono ancora troppo basse
Circa il 40% dei cittadini europei ha competenze digitali insufficienti, il che si ripercuote direttamente sulla mancanza di talenti per promuovere lo sviluppo imprenditoriale e, come vedremo a breve, sulla dipendenza eccessiva da paesi stranieri.
2. Connettività e infrastrutture limitate
Questo è il limite più grande, perché condiziona direttamente anche le altri variabili in gioco: il 64% degli europei ha accesso a strumenti digitali come AI, IoT e connessione veloce, e solo il 50% delle persone ha accesso al 5G.
Il 5G è indispensabile per la digitalizzazione avanzata, soprattutto per l’integrazione di reti di dispositivi intelligenti a livello urbano o di infrastrutture critiche, come i trasporti e gli ospedali. Ma non bisogna sottovalutare neanche il primo dato: quasi 1 persona su 3 in Europa non dispone ancora di strumenti digitali avanzati.
Quest’ultimo dato, inoltre, coincide con il risultato del nostro sondaggio sui dispositivi IoT in Europa!
3. Eccessiva dipendenza dalle aziende straniere
Quando una cosa non puoi farla tu, ti tocca comprarla da un’altra persona. In Europa questo si traduce in una sperequazione enorme tra ciò che produciamo internamente e ciò che importiamo, rispettivamente il 20% e l’80% delle tecnologie (prodotti, materiali e servizi).
Per farci un’idea del problema, basta guardare la classifica delle prime 50 aziende ICT del mondo (link in inglese), in cui figurano solo 3 imprese europee.
Perché è un problema? Per vari motivi: innanzitutto perché aumenta i costi e quindi frena lo sviluppo complessivo. Poi, non essendoci aziende nostrane, non si crea una domanda di profili avanzati e quindi si blocca anche l’offerta di formazione IT. Infine, i ricavi di queste acquisizioni, se rimanessero in Europa, andrebbero a finanziare la ricerca e lo sviluppo. Contribuendo a un circolo virtuoso di innovazione e commercializzazione.
4. Digitalizzazione delle aziende
Rispetto all’obiettivo prefissato per il 2030, le imprese europee sono al 25% del completamento. Se continua così, si afferma nel report, nel 2030 solo il 64% delle aziende userà il cloud. Il 50% sfrutterà il Big Data e solo un misero 17% userà strumenti basati sull’AI, come chatbot, automazioni e così via.
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Cause e possibili soluzioni
Si tratta ovviamente di un ritardo complesso, dovuto a più fattori e che non dipende solo dagli sforzi dei singoli stati membri o degli incentivi economici dell’UE (peraltro enormi, se pensiamo al PNRR).
Questa combinazione di cause include:
- Difficoltà locali di alcuni paesi (l’UE ingloba realtà molto diverse tra loro, per cui i dati del report sono meno rappresentativi della situazione in Germania rispetto alla Macedonia del Nord).
- Mancanza di investimenti
- Barriere all’entrata nei mercati internazionali con forti oligopoli (soprattutto in relazione ai servizi, ma anche per quanto riguarda i materiali come i semiconduttori e i prodotti, come i software e l’hardware).
- Scarsa sensibilizzazione. Ancora molte organizzazioni non conoscono o sottovalutano i benefici della digitalizzazione e i tanti aiuti economici a cui possono accedere.
- Interazione tra i diversi fattori che abbiamo visto. Si crea un circolo vizioso, per cui, ad esempio, la mancanza di talenti frena lo sviluppo imprenditoriale, che a sua volta limita la disponibilità di fondi e ricerca e così via.
- Resistenza di alcune categorie della popolazione, soprattutto le persone anziane e quelle con una minore cultura digitale o una visione poco globalizzata.
- Problemi di natura economica e finanziaria di interi settori industriali, soprattutto in alcuni paesi, tra cui anche l’Italia.
Queste sono le cause principali, a cui l’UE e gli stati membri stanno cercando di porre rimedio con investimenti pubblici, finanziamenti, aiuti, campagne di sensibilizzazione, corsi di formazione per il reskilling e upskilling dei lavoratori senior e altre misure.
Se continua così, nel 2030 solo il 64% delle aziende userà il cloud. Il 50% sfrutterà il Big Data e solo il 17% userà strumenti avanzati come l’AI.
Un fattore che potrebbe accelerare il processo di digitalizzazione dell’UE, come segnalato dagli esperti di vari settori correlati, è la creazione di un ambiente collaborativo internazionale.
Questo è vero soprattutto per la cybersecurity: negli ultimi anni, i danni dei cyberattacchi sono aumentati moltissimo e le campagne di malware sono sempre più globali, per cui una collaborazione su scala internazionale migliorerebbe moltissimo le cose.
Questo processo è già in atto, ma con risultati ancora insufficienti. Servono standard e quadri normativi comuni, reti comunicare e collaborare e molti altri strumenti, ma soprattutto servono persone che sappiano utilizzare questi strumenti e attuare le strategie necessarie. Inoltre, servirebbero una serie di misure mirate.
Misure mirate
- Promuovere l’alfabetizzazione informatica a livello individuale e comunitario.
- Collaborazione tra settore privato e pubblico.
- Semplificare le normative per accelerare la crescita e favorire lo sviluppo (su questo punto si dibatte da mesi riguardo alla regolamentazione dell’AI in Europa).
- Supporto alle PMI. Questa frase salta sempre fuori quando si parla di ritardi nello sviluppo industriale, perché purtroppo non viene mai applicata davvero. Le PMI sono la base del tessuto imprenditoriale di qualsiasi paese, per non parlare del fatto che anche le più grandi Big Tech hanno iniziato come startup, magari in un garage come Google o nella stanza di un college come Facebook.
Per quanto riguarda la cybersecurity, invece, il problema è meno complesso (ma altrettanto grave): in generale le minacce informatiche continuano a essere sottovalutate e la sicurezza informatica ha un posto ancora troppo basso nella classifica delle priorità aziendali e delle singole persone.
In conclusione, se l’UE vuole raggiungere i suoi obiettivi di digitalizzazione per il 2030, deve darsi da fare su più fronti contemporaneamente, dalla sensibilizzazione a livello capillare al sostegno alle piccole e medie imprese, passando per una regolamentazione che faciliti lo sviluppo di un mercato interno.
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