Potrebbe favorire i consumatori, che chiedono più trasparenza e di ridurre l’impatto ambientale.
Tutto è iniziato con l’iPod di Apple, che fin dai primi modelli aveva una vita utile molto corta e costringeva gli utenti a comprarne uno nuovo ogni pochi mesi. Il problema è che molte batterie sono sigillate e non possono essere sostituite quando si scaricano, per cui limitano notevolmente la durata del dispositivo.
Apple e gli altri fabbricanti adducono come motivi la sicurezza e l’impermeabilità del dispositivo, mentre le associazioni dei consumatori parlano di obsolescenza programmata degli elettrodomestici in generale, cioè la progettazione delle macchine in modo che smettano di funzionare dopo un certo periodo di tempo, assicurando una nuova vendita al marchio.
Inoltre, il problema dell’obsolescenza è aggravato dalla difficoltà delle riparazioni, che in molti casi sono più costose rispetto all’acquisto di un dispositivo nuovo. Insomma, i motivi per far arrabbiare ambientalisti e difensori dei consumatori non mancano e sono tutti fondati.
Tra le varie soluzioni proposte dal settore, c’è l’idea di mettere una data di scadenza sui telefoni, in modo che chi li acquista sappia cosa aspettarsi e possa prendere decisioni più consapevoli.
Sarebbe realmente di aiuto al consumatore o legittimerebbe definitivamente l’obsolescenza programmata? Quali sono le altre opzioni per limitare i danni ambientali e ai portafogli delle persone? Continua a leggere!
Spesso non è possibile sostituire la batteria e comprare un dispositivo nuovo costa meno che ripararlo.
Perché e quando vanno cambiati gli smartphone
I dispositivi elettronici dotati di batterie interne ricaricabili sono pensati per essere sicuri e resistere agli agenti atmosferici, soprattutto alla polvere e all’umidità. Per questo motivo, spiegano i fabbricanti di smartphone, la batteria dei nuovi dispositivi è sigillata e non può essere rimossa facilmente dall’utente.
La conseguenza è che quando la batteria perde la sua capacità di ricaricarsi o un altro componente interno del telefono si rovina, la riparazione è così lunga e laboriosa che costa meno buttare il dispositivo e comprarne uno nuovo. E lo stesso vale ancora di più per tutti i dispositivi di basso costo.
Il risultato finale è che la maggior parte dell’hardware informatico di oggi (portatili, telefoni e tablet) viene buttato quando è ancora funzionante; magari non ha più le prestazioni di un tempo, ma l’unica cosa che ha smesso di funzionare davvero è la batteria.
Questo è un problema per il consumatore, sia dal punto di vista economico sia da quello della comodità (configurare un computer nuovo è un processo lungo e noioso), ma soprattutto è un problema per il pianeta, perché i rifiuti elettronici non vengono smaltiti bene e perché accorciare la vita utile dei dispositivi ne aumenta drasticamente l’impronta di CO2.
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Cosa dicono gli ambientalisti
Tanto per cominciare, il riciclo dei componenti è complesso, poche aziende lo svolgono nel modo corretto e gli scarti sono comunque moltissimi. Alla fine, milioni di tonnellate di rifiuti elettronici vanno ad accumularsi nelle discariche a cielo aperto in Africa, aumentando ulteriormente il loro impatto ambientale e sociale.
Alcune associazioni ambientaliste, come lo European Environmental Bureau, chiedono da tempo che venga vietata la vendita di dispositivi per cui non è possibile sostituire le batterie. L’idea è che la sostituzione non sia solo possibile ma anche facile e pratica, per incentivare le persone a farla. Secondo l’EEB, solo con questa misura potremmo ridurre le emissioni di gas serra del settore del 30% entro il 2030.
La data di scadenza dello smartphone è una buona idea, ma solo se accompagnata da altre soluzioni come l’etichetta di riparabilità e una legge contro l’obsolescenza programmata.
Più rispetto per il consumatore
La data di scadenza dello smartphone dovrebbe, in teoria, aiutare le persone a fare scelte più consapevoli, prediligendo i prodotti adatti a loro. Ad esempio, se una persona vuole investire in un telefono che duri nel tempo e che le permetta di sostituire la batteria quando questa perde capacità dopo 3 o 4 anni, la data di scadenza potrebbe orientare il suo acquisto.
La data di scadenza potrebbe essere accompagnata da altre informazioni utili, come l’indice di riparabilità. In alcuni paesi come la Francia, i dispositivi elettronici hanno un’etichetta che indica quanto è facile ripararli.
Infine, è importante che per tutti i dispositivi e il software le aziende pubblichino informazioni chiare sull’obsolescenza e sull’interruzione del supporto tecnico. Apple, ad esempio, pubblica un elenco dei suoi dispositivi obsoleti e vintage.
In conclusione, la data di scadenza per gli smartphone sembra una buona idea, ma solo se accompagnata da altre soluzioni che informino il consumatore e allunghino la vita utile dei prodotti. Servono leggi che ostacolino l’obsolescenza programmata e che obblighino i fabbricanti a instaurare un circolo virtuoso nel consumo dei dispositivi: prodotti più trasparenti, che durano di più, più facili da riparare e con un’impronta di carbonio inferiore.
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Buona navigazione e buona scelta di dispositivi che durano nel tempo!