Vediamo qual è la situazione dell’amministrazione digitale nel nostro paese e come va il processo di digitalizzazione degli italiani.
Ne avevamo parlato in questo articolo sull’analfabetismo digitale in Italia (79% di analfabeti funzionali digitali) e i dati degli ultimi rapporti sull’e-government lo confermano: il problema è la scarsa adozione delle tecnologie e delle procedure digitali.
Lo Stato italiano sta facendo uno sforzo considerevole nel modernizzare la Pubblica Amministrazione e digitalizzarla, ma finché gli italiani non avranno fiducia nella PA (Pubblica Amministrazione) e non impareranno a utilizzare i mezzi digitali, gli obiettivi dell’e-government in Italia saranno difficili da raggiungere.
Abbiamo preso come riferimento due studi: il rapporto Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione redatto da UIL ed EURES e pubblicato il 6 agosto (scarica la presentazione in PDF) e l’eGovernment Benchmark 2019 dell’Unione Europea (qui, trovi tutti i dati). Da queste ricerche emergono due fotografie abbastanza diverse del nostro paese: nel primo viene descritta un’Italia molto arretrata, addirittura quasi ultima in Europa per digitalizzazione della PA, mentre il secondo studio raffigura un paese che cerca di migliorare.
Perché queste differenze? Dipendono dai parametri che sono stati utilizzati per misurare il livello di sviluppo dell’e-government. Tuttavia, al di là di queste discrepanze, i due studi concordano su un dato molto importante, al quale abbiamo accennato proprio all’inizio di questo post: la penetrazione dell’amministrazione digitale è bassa in Italia.
Avanzamento della trasformazione digitale
L’AGID, Agenzia per l’Italia digitale, ha un sito dedicato interamente a mostrare e spiegare come procede il processo di trasformazione digitale del paese. La pagina ha l’aspetto di una dashboard di un software di controllo e contiene molti indicatori utili. Nel loro studio sulla digitalizzazione della PA, UIL ed EURES hanno confrontato questi indicatori con gli obiettivi del piano di trasformazione e il risultato è un’immagine di un’Italia che non riesce a stare al passo né con gli altri paesi europei né con il ritmo di crescita che si prefigge.
Dando un’occhiata più da vicino al rapporto, vediamo che l’unico settore in cui le cose vanno bene è la pubblicazione di open data, ovvero la disponibilità pubblica dei dati per l’utente. In tutti gli altri campi considerati, l’Italia è in ritardo rispetto agli obiettivi per il 2020 (forse anche per colpa della pandemia di COVID-19). Ecco gli altri fattori misurati nello studio:
- Adozione dello SPID: 43,7%. Lo SPID è il sistema pubblico di identità digitale, che consente ai cittadini italiani di accedere ai servizi della PA con un’unica identità digitale (nome utente e password). Gli organismi che consentono di utilizzarlo non raggiungono il 50% dell’obiettivo per il 2020.
- Pagamenti fatti sulla piattaforma Pago PA: 47,1%. Questa piattaforma è stata lanciata per snellire la burocrazia e semplificare i pagamenti sia ai cittadini che ai funzionari. Purtroppo, le transazioni sono molto inferiori al numero che ci si aspettava di raggiungere.
- Cittadini che utilizzano il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE): 32,9%. Accedere ai propri dati sanitari online è importante perché indica anche quanto le persone siano sensibili alla protezione della privacy e all’accessibilità dei propri dati personali.
Indubbiamente, il sistema sanitario nazionale deve migliorare e digitalizzare più servizi, ma la penetrazione di questa nuova cultura va di pari passo con la disponibilità degli utenti a cambiare mentalità e apprendere nuove procedure.
Entrambi gli studi citati sono molto dettagliati e contengono una grande quantità di dati che non vogliamo né possiamo presentare qui. L’intenzione principale di questo post è richiamare l’attenzione sul basso livello di penetrazione delle tecnologie digitali nel rapporto con la Pubblica Amministrazione (ma anche con il lavoro e con il mondo in generale).
A questo proposito, il rapporto sull’eGovernment della UE fa questa riflessione: “un paese può migliorare il livello di penetrazione aumentando il numero di persone che presentano moduli ufficiali online alle autorità amministrative o automatizzando i processi e richiedendo meno moduli ai cittadini”. Ciò significa che bisogna investire di più in:
- Alfabetizzazione digitale e funzionale: il cittadino deve essere in grado di utilizzare i nuovi strumenti digitali della PA.
- Semplificazione dei servizi digitali: la progettazione deve essere incentrata sull’utente, per agevolare l’adozione delle nuove tecnologie.
- Più automatizzazione dei servizi e più interoperabilità tra diversi organismi della PA per ridurre il numero di pratiche necessarie.
- Governance del sistema. L’Italia è un paese particolare e la digitalizzazione deve seguire un modello specifico per ogni realtà locale, ad esempio adattando il processo alle esigenze e possibilità di comunità molto diverse tra loro, vedi il divario tra nord e sud.
E-government e sicurezza informatica
Infine, vogliamo sottolineare un secondo aspetto importantissimo della trasformazione digitale della PA, la cybersicurezza. Dal rapporto della UE emerge che i siti della PA non sono sicuri (e non solo in Italia). Il livello di sicurezza deve assolutamente migliorare per:
- Proteggere i cittadini dalle frodi
- Prevenire violazioni di dati
- Aumentare la fiducia nell’e-government
Sembra che ancora una volta la cybersicurezza sia un fattore chiave del cambiamento nella nostra società digitalizzata. Volendo riassumere e semplificando al massimo, il cittadino ha bisogno di formazione, strumenti facili da utilizzare e sicurezza. Se continueranno a mancare questi elementi, l’Italia non diventerà mai un paese digitalizzato e l’amministrazione digitale non riuscirà a raggiungere il suo obiettivo: semplificare la vita del cittadino e risparmiare denaro pubblico.
Tu che cosa ne pensi? Secondo te, cosa deve fare l’Italia per promuovere la digitalizzazione e l’utilizzo dell’e-government? Faccelo sapere con un commento.
Buona navigazione e buon passaggio all’amministrazione digitale!